La Legge sul Ripristino della Natura, approvata dal Parlamento europeo il 12 luglio scorso, prevede il ripristino di almeno il 20% del territorio marino e terrestre europeo entro il 2030 e il ripristino di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.
La legge, che al comma 1 dell’articolo 1 prevede “il recupero a lungo termine, in modo continuo e duraturo, della biodiversità e della resilienza della natura in tutte le zone terrestri e marine dell’Unione attraverso il ripristino degli ecosistemi”, stabilisce obiettivi specifici e vincolanti per gli Stati membri, tra i quali:
- zero perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030 e loro aumento entro il 2050;
- invertire il declino degli impollinatori entro il 2030;
- ripristinare almeno 25mila chilometri di scorrimento libero dei fiumi entro il 2030;
- aumentare la presenza di farfalle e uccelli nei pascoli e nei terreni agricoli e la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità;
- ripristinare gli habitat marini.
L’approvazione della legge in sede europea ha subito causato molte proteste in Italia e un forte dibattito sulle conseguenze per l’economia nazionale. In modo particolare pescatori e agricoltori protestano fortemente, ritenendo che il ripristino degli ecosistemi sia iniziativa tanto sproporzionata quanto lesiva dei loro interessi economici.